lunedì 28 marzo 2016

Caponata di carciofi

Carciofo dall'arabo al-kharshuf che significa pianta spinosa, selvatica.
La mitologia racconta che Giove si invaghì della bellissima ninfa Cynara.
 Non essendo corrisposto, stufo e sconsolato, Giove, in un momento d’ira, trasformò Cynara in un carciofo verde e spinoso come il carattere dell’amata. 
Al pungente ortaggio restò il colore verde e violetto degli occhi della Ninfa e il cuore (il suo interno) tenero.
Il carciofo era apprezzato dagli antichi Romani e dai Greci. L'ortaggio che mangiavano i nostri avi, non è uguale a quello che troviamo oggi nelle nostre tavole. 
A quei tempi esisteva la specie selvatica, più dura, piccola e spinosa. 

Ma cos’è esattamente il carciofo?
Dal punto di vista botanico non è frutto, né fiore, ma è l’infiorescenza di una pianta alta circa un metro e mezzo, con lunghe foglie lanceolate e pendenti dal colore verde spento. Tagliato a metà si evidenziano all’interno le parti che lo costituiscono: i fiori ancora immaturi, così compatti che è difficile distinguerli, e che rappresentano la parte più tenera e buona, il “cuore” del carciofo. L’insieme dei fiori, è coronato dal “pappo”, un ciuffetto di peli bianchicci, che vengono definiti “fieno interno” o “barba” e che va asportato.
La terza parte, che racchiude le prime due, sono le “brattee”, cioè foglie modificate, sovrapposte una all’altra, di colore verde con sfumature violacee.
Nel linguaggio corrente vengono chiamate “foglie”. Sono molto dure, come del resto dice il nome che deriva dal latino bractea, ovvero lamina di metallo. Solo la base delle brattee più interne, è tenera e commestibile.
Commestibile è anche la parte del gambo, i 3-4 centimetri sotto il cuore, purché opportunamente pulita.
Se il carciofo non viene raccolto prima, dal suo centro si innalza un fiore violetto tenero, con sfumature lilla.
Questi fiorellini servivano per far cagliare il latte nella produzione di formaggio. E tutt'ora c'è chi ancora adopera questa antica pratica.
Ed ecco la ricetta.

Ingredienti
6 carciofi
2 coste di sedano
2 cucchiai di capperi salati
4 cipolle rosse di Tropea
75 gr. olive verdi denocciolate

75 gr. olive nere denocciolate
un pugnetto di prezzemolo fresco
4 cucchiai di salsa di pomodoro
olio extra vergine d'oliva
sale q.b.
2 tazzine da caffè d'aceto di mele (in alternativa anche l'aceto bianco va bene)
4 cucchiaini di zucchero

Preparazione
Pulire i carciofi togliendo le foglie esterne. Tagliarli a metà, togliere l'eventuale peluria e metterli in ammollo con acqua e limone.
Sbucciare e affettare le cipolle, farle appassire a fuoco basso con abbondante olio in una padella capiente. Mescolare spesso.
Dissalare i capperi in acqua tiepida e tenere da parte. Denocciolare le olive e mettere da parte.
Lavare i gambi di sedano, levare i filamenti e tagliare a pezzetti non troppo sottili.
Sbollentare il sedano in acqua leggermente salata fino a cottura (morbido, ma non troppo).
Preparare un soffritto di olio, aglio e prezzemolo tritato. Affettare e trifolare i carciofi nel soffritto a fuoco basso, sino a che saranno morbidi (aggiungendo poca acqua quando serve). Eliminare l'aglio.
In una tazza versare le tazzine da caffè di aceto di mele, lo zucchero e mescolare.
Nella padella con le cipolle già appassite, aggiungere il sedano, i capperi, la salsa di pomodoro, le olive e l'aceto con lo zucchero, aggiustare di sale (poco) e lasciare cuocere, a fuoco bassissimo, per un paio di minuti, mescolando.
Aggiungere i carciofi, mescolare molto delicatamente e cuocere, tutto insieme, per un altro paio di minuti.

Consumare fredda, meglio il giorno dopo.

martedì 15 marzo 2016

Torta Speck e Fontina

In questa ricetta si uniscono due regioni: la Valle d'Aosta e l'Alto Adige. L'accostamento dei due prodotti tipici è assolutamente da non perdere.
La fontina ha origini che risalirebbero al 1200, ma la prima testimonianza iconografica risale al XV secolo, in un affresco del Castello di Issogne, in Valle d'Aosta.
È un formaggio semiduro, grasso, a pasta semicotta, preparato con latte intero di mucca proveniente da una sola mungitura e munto da non oltre 2 ore.
Lo speck dell'Alto Adige è una specialità della salumeria sud-tirolese. Si tratta di un prosciutto crudo completamente disossato, lievemente affumicato. 
Il termine speck, in tedesco, significa "lardo". 
I primi documenti contenenti la parola speck risalgono al XVIII secolo, ma compare nei regolamenti dei macellai e nei registri contabili dei principi tirolesi già dal 1200.
Insomma entrambi prodotti antichi. Ma veniamo alla ricetta.

Ingredienti
2 patate non troppo grandi
150 gr di speck affettato
250 gr di fontina
1 rotolo di pasta sfoglia tonda
Rosmarino

Preparazione
Srotolare la sfoglia e disporla dentro una teglia di circa 24 cm. 
Affettare grossolanamente lo speck e disporlo sopra la sfoglia.
Ridurre in cubetti la fontina e distribuirla sopra la speck.
Sbucciare e affettare abbastanza finemente le patate con la mandolina.
Disporle a copertura della torta sovrapponendole leggermente l'una all'altra.
Distribuire abbondanti foglioline di rosmarino sopra le patate. Non avendo quello fresco ho usato quello secco. 

Arricciare leggermente i bordi della sfoglia e piegarli sulla torta.
Mettere in forno già caldo a 180° ventilato per una ventina di minuti circa, fino a doratura della sfoglia e dei bordini delle patate.